di Romano Maria Levante
Oggi, 16 gennaio 2023, a 95 anni, come la Regina d’Inghilterra, se n’è andata un’altra Regina, anche se non è stata chiamata così, ma “icona della bellezza italiana” e con altre espressioni simili in omaggio alla sua immagine di diva del cinema restata impressa nei ricordi di tutti. Le rievocazioni seguite alla sua scomparsa sono state sulla diva indimenticabile, ma noi vogliamo ricordare la sua seconda vita dopo quella di diva del cinema, terminata presto perchè il talento che voleva esprimere riguardava altre forme di arte, in particolare l’arte scultorea e l’arte fotografica. E lo ha espresso in una fervente attività artistica, testimoniata da mostre con Cataloghi e premi, molto apprezzata all’estero, mentre in Italia l’imamgine della diva ha sovrastato quella dell’artista per lo più ignorata anche nelle sue apparizioni televisive sebbene lei volesse invece parlarne, e lo ha detto chiaramente ma invano. Per ricordare questa sua seconda vita, che la rende unica nel mondo del cinema e non solo, ripubblichiamo oggi 2 articoli – usciti entrambi il 5 mqaggio 2020 – che ora hanno un valore particolare perchè servono a colmare il vuoto che anche nelle celebrazioni si avverte rispetto alla sua vita post cinema che ha aggiunto una caratura artistica nelle altre arti figurative impensabile in una diva del cinema. Sono due articoli – nati in circostanze diverse non più attuali – nel primo, sulla sua arte scultorea, il primo paragrafo del testo riguarda il motivo occasionale, lo abbiamo lasciato perchè ci sono immagini delle sue sculture. A parte il secondo articolo dedicato alla sua arte fotografica, pubblicato nel 2009 sulla sua mostra a Roma. al Palazzo delle Esposizioni, doopo averlo letto ci telefonò dicendo che l’aveva resa “felice”. Grazie ancora, Gina, per questo apprezzamento e per la tua vita per l’arte, buon viaggio di tutto cuore. ..
Abbiamo introdotto il nostro recente articolo “Coronavirus, la prima linea e le retrovie di una guerra asimmetrica” con delle brevi notizie sulle iniziative prese da diversi organismi operanti nel campo della cultura – in primis il Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo – per fornire ai cittadini #tuttincasa accessi telematici “on line” a patrimoni culturali in grado di alleggerirne la costrizione e alleviarne ‘il lungo isolamento aprendo i vasti orizzonti dell’arte e della cultura.
Abbiamo introdotto il nostro recente articolo “Coronavirus, la prima linea e le retrovie di una guerra asimmetrica” con delle brevi notizie sulle iniziative prese da diversi organismi operanti nel campo della cultura – in primis il Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo – per fornire ai cittadini #tuttincasa accessi telematici “on line” a patrimoni culturali in grado di alleggerirne la costrizione e alleviarne ‘il lungo isolamento aprendo i vasti orizzonti dell’arte e della cultura.
Sono state iniziative meritorie ma tardive, come ha sottolineato il commento di Giuseppe Maria Sfligiotti, che da anni si è adoperato in tal senso per i concerti di Santa Cecilia, e vi ha visto un modo duraturo, oltre l’emergenza, per diffondere l’arte e la cultura “con un semplice clic”: non lo si è fatto finora, forse in mancanza dello stimolo del profitto ma anche di una passione civile e sociale autentica che avrebbe fatto prendere in considerazione strumenti da molto tempo alla portata di tutti per la crescita dell’individuo e della società.
Stefano Massini contro l’ “inutilità” dell’arte e della cultura, e della terza età
Il monologo televisivo del giovedì di Pasqua di Stefano Massini iin “Piazza pulita“ su “La 7 ” è stato rivelatore, lo scrittore si è lanciato in un’orazione appassionata contro la visione distruttiva dei valori superiori della nostra civiltà, l’arte e la cultura che sono il fondamento della bellezza. Perché è distruttiva la sottovalutazione che porta a colpevoli trascuratezze nella loro tutela e diffusione. E non solo per essere un sito culturale ci sentiamo di aderire con altrettanta passione all’appello dello scrittore: Massini ha parlato in nome della civiltà e della società, non di una cerchia di idealisti appassionati, non si è rivolto alla “setta dei poeti estinti” dell'”Attimo fuggente”, ma a tutti. Con la foga di un Savonarola, del quale ha riscritto e pubblicato le veementi “prediche” con il titolo “Io non taccio!”, non ha taciuto nemmeno lui adesso, onore al merito!
Ha preso l’avvio da una semplice notizia, anzi un’ipotesi secondo cui gli ultimi luoghi ad essere riaperti sarebbero i luoghi di cultura, dai teatri ai cinema, dai concerti ai musei. E non per i maggiori rischi di assembramenti, quanto perché “maiora premunt”, c’è ben altro di più importante e urgente, altro di “utile”: i luoghi di lavoro e di produzione, come se i luoghi di cultura non ne facessero parte. Ferma restando l’esigenza di garantire la sicurezza dai contagi – riaffermata con forza in premessa – Massini ha approfondito i motivi per questa quasi istintiva “retrocessione” nella scala di priorità per il Paese, e li ha ha riassunti efficacemente in una parola: “inutilità”, venuta allo scoperto con il coronavirus.
Ad essa va attribuita la sottolineatura che le vittime riguardano essenzialmente la classe di età avanzata, in particolare gli “ottantenni, soprattutto se con patologie”, “leit motiv” ripetuto ossessivamente nei quotidiani “bollettini di guerra” delle ore 18 attesi dai cittadini #tuttiin casa come del resto facevano con Radio Londra gli ottantenni succitati ancora bambini, e lo ricordiamo benissimo noi che apparteniamo a tale classe di età. Quindi siamo tra gli “inutili”, perché è tale il non confessabile sottofondo che sta dietro questa spontanea, ineffabile, freudiana insistenza: non vi preoccupate, muoiono i vecchi, per di più se con altre malattie, il coronavisus è solo la goccia che fa traboccare il vaso, del resto sono ormai “inutili”, quindi nessun problema reale; anche se non mancano mai le “lacrime di coccodrillo” sul doveroso cordoglio per ogni vita perduta, quanto mai rituale e subito derubricato per rassicurare quelli che invece sono “utili”.
Ma c’è di più, non è estranea a tutto questo la considerazione del peso delle classi anziane sul Sistema sanitario nazionale e sul sistema pensionistico, addirittura qualche anno fa Christine Lagarde ebbe a definrla una “minaccia immanente” che costringeva a rivedere i sistemi previdenziali, ovviamente a danno di tutti, mentre l’alleggerimento di tale “peso” lo eviterebbe: tutto non confessato anche perché inconfessabile, ma di certo percepito e non contrastato. Del resto, un analista consulente di Direzione dall’elevata caratura, Piercarlo Ceccarelli, ha ammonito di recente in base a una fredda constatazione, non a una propria adesione: “Dobbiamo accettare che ci siano criteri, anche moralmente eccepibili, per dosare le risorse in modo da privilegiare le categorie più ‘utili’ al Paese (dove l’utilità può avere numerose facce)” avvertendo che “se si abbandona l’utilità si entra nel mondo ideale”. Ha aggiungendo in modo altrettanto pragmatico che i criteri “moralmente eccepibili” – eufemismo dovuto alla loro inconfessabilità – possono rivelarsi necessari nelle destinazione delle risorse anche indipendentemente dal volere dei governanti dei singoli stati, perché la competizione internazionale le renderebbe inevitabili penalizzando i paesi che volessero sottrarsi a tale scelta divenendo meno competitivi a livello internazionale, quindi emarginati nel mercato globale.
Le citazioni della Lagarde e dell’analista direzionale Ceccarelli, vengono da due commenti nel dibattito sul coronavirus aperto dal nostro articolo sopra ricordato, il tutto è soltanto lo spunto per introdurre il tema dell’ “inutilità” lanciato da Mssini, riferendolo innanzitutto agli anziani “vittime sacrificali”. E lo abbiamo visto nell’indegno “massacro nelle Case di riposo” – come lo ha definito il vice presidente italiano dell’OMS – e in generale, nella “strage di una generazione”, quella del ’40 , per la quale il rimpianto nasce essenzialmente dal fatto che sono gli unici testimoni rimasti dei momenti cruciali nella storia del paese, la guerra e la ricostruzione, i mutamenti nel costume e le tante vicende vissute. Quasi che in essi valga soltanto la memoria storica da mantenere in vita, come se fossero reperti archeologici, ruderi da conservare che il coronavirus ha la colpa di demolire sistematicamente, in quanto tali non provvisti di una “utilità” attuale, diretta e non derivata. Mentre la loro esistenza ha un valore, e quindi una “utilità”, di per sè, mantenendo tutta la forza intellettuale, morale e spirituale della loro esistenza. Peraltro, sotto il profilo economico e sociale i “nonni” sono quanto mai “utili” nel “welfare” familiare e non solo, ma non è questo che deve contare qunato il valore della loro vita in sé e per sé.
Anche il pur accorato e nobile ricordo dello scrittore Antonio Scurati, “Il nostro epitaffio ai figli del ’40”, la generazione “falciata in queste settimane dal virus”, ci sembra abbia la pecca di ghettizzarla nel passato, in cui “ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni”, sono “gli uomini della ricostruzione, i vecchi della delusione”; e anche il presente evocato è un presente storico, per di più riferito alla propria realtà, “essi sono i compagni di una vita, essi sono i padri della nostra gioventù, essi sono i nonni dell’infanzia dei nostri figli”. E’ vero che non manca un riconoscimento meno “derivato” – “se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi ormai dimenticati” – ma sembra che in queste doti si ricerchi una “utilità” implicitamente non riconoscendola alla vita e al suo valore esistenziale, senza bisogno di qualificazioni, quasi che si potesse negarle l'”utilità” in sé e per sé che con Massini reclamiamo, anche come parte in causa.
Massini si è soffermato soprattutto sul ruolo subordinato dato nella “fase due” ai luoghi dell’arte e della cultura come espressione del fatto che vengono sottovalutate e retrocesse l’arte e la cultura in se stesse a prescindere dalle sedi. La sua orazione è stata appassionata, le sue motivazioni quanto mai convincenti.
C’è anche una sottovalutazione del valore economico che non è accettabile per il contributo che viene dalle attività culturali in varia forma: Gigi D’Alessio ne ha dato una definizione icastica, “uno canta e 400 mangiano”, riferendosi al gran numero di lavoratori coinvolti, le maestranze impegnate nell’allestimento dei concerti per le attività collaterali ma basilari a partire dalla realizzazione, trasporto e montaggio dei grandi palchi e strutture connesse, in una lunga filiera; e Paolo Bonolis nella serata finale di “Ciao, Darwin”, fece sfilare le 250 persone operanti “dietro al conduttore che ci mette la faccia, loro lavorano restando invisibili”.
Ma soprattutto Massini ha parlato dell’altissimo valore sociale di arte e cultura, tra l’altro riaffermato in queste settimane di isolamento forzato domiciliare dove soltanto le creazioni culturali, dalle opere teatrali a quelle cinematografiche e musicali, da quelle delle arti visive, pittura e scultura in primis, a quelle letterarie, ecc. hanno potuto dare sollievo alle persone relegate in casa, rendendo sopportabile la situazione anomala di isolamento che altrimenti avrebbe potuto anche deflagrare.
Al di sopra di tutto, però, ha espresso con tono appassionato la considerazione che arte e cultura fanno parte del Dna della nostra civiltà, sono la base che precede e presiede alla nostra vita. Massini ha concluso con un grido di ribellione collettivo a cui ha aggiunto il proprio individuale di scrittore: “Non mi sento inutile”, e nel nostro piccolo ci associamo con la medesima passione.
Gina Lollobrigida e la sua arte scultorea e fotografica ignorata come “inutile”
Se a qualcuno potrà sembrare eccessiva questa sottolineatura del concetto di “inutilità” dell’arte e della cultura, oltre che dell’età avanzata – che sta dietro la sottovalutazione di cui si è detto – si dovrà ricredere. Perché tre giorni dopo, precisamente nel giorno di Pasqua, se n’è avuta una conferma plateale nella trasmissione televisiva “Domenica In”, il cui carattere nazional-popolare con la conduttrice autodefinitasi “la zia” di tutti ne accentua il valore dimostrativo.
Dunque, la conduttrice intervista Gina Lollobrigida, sempre splendida e determinata, ma di fatto ritenuta doppiamente “inutile”: come persona considerata non per quanto è e vale oggi, ma soltanto come memoria storica del costume italiano, oltre che di se stessa; e come artista ugualmente confinata nel passato cinematografico, visto nella luce divistica e non nel valore interpretativo, ignorando o peggio il presente ancora più valido. “Inutilità” odierna, al pari di un reperto archeologico tenuto per memoria storica.
Ma andiamo ai fatti. La conduttrice, peraltro premurosa e affettuosa, ha dimostrato tutto questo con una carrellata sul passato divistico della Gina nazionale, mostrando fotogrammi di tanti film, risalendo fino alle sfilate di Miss Italia 1946 in cui fu seconda preceduta da Lucia Bosè, di recente scomparsa. La Lollobrigida ha commentato quelle immagini dicendo all’incirca: “Non partecipavo per convinzione, ero iscritta all’Accademia di Belle Arti e volevo seguire la mia vocazione artistica”. Anche sul cinema in due occasioni, rispondendo a domande sempre in chiave divistica, ha aggiunto: “Per me era soltanto una parentesi passeggera che mi dava i mezzi per poter coltivare la mia vocazione”.
Ogni volta che l’intervistatrice la riportava sul divismo, replicava alludendo ai suoi interessi artistici, e anche quando ha parlato di ciò che le è rimasto più impresso del passato di successi, ha deluso l’anima nazional-popolare che le alitava intorno parlando soltanto dei suoi viaggi nel mondo motivati dalla ricerca di luoghi e persone cui ispirarsi per la sua passione fotografica: tanto fotografata voleva esprimere la sua arte fotografando. Finché la conduttrice le ha chiesto, freudianamente: “Ma perché anche in passato quando vieni intervistata parli sempre della fotografia e della scultura…?”, domanda inequivocabile nell’attribuire le sue risposte precedenti ad una fissazione: ma ancora una volta si è sentita replicare che l’arte fotografica e la scultura sono state la sua vocazione e il suo impegno appassionato di sempre.
Finché, riguardo al libro autobiografico che sta scrivendo ha dato un ‘altra lezione, anzi due: alle parole che il confinamento in casa è ideale per completare il lavoro – contattando al telefono il giornalista che ha sostituito lo scomparso Paolo Limiti per aiutarla nella stesura – ha replicato che non ha la necessaria serenità di spirito in questo momento drammatico; poi la seconda lezione – non solo all’intervistatrice, ma alla “vulgata” comune – secondo cui ci tiene a che il libro sia scritto come lei vede la propria vita e non come la vedono gli altri. Sottintendendo che è vista distorta dal divismo quasi fosse l’unica cosa che conta nella sua esistenza, mentre la propria scultura e fotografia d’arte fossero le cose “inutili” di cui ha parlato Massini.
Nell’intervista non c’è stato il gossip più becero, perché estraneo alla vita della Lollobrigida, che sposò un oscuro medico jugoslavo e non ha avuto produttori alle spalle, come le altre maggiori dive del cinema, né le storie eclatanti che tanto appassionano la “press du coer”. Ma l’armamentario nazional-popolare ha impedito di dare voce alla vocazione per l’arte che lei ha cercato di reclamare invano; e nelle sue parole abbiamo letto una perorazione accorata, sia pure manifestata sommessamente, da noi accostata a quella gridata platealmente da Massini, con una testimonianza vissuta, offerta ma rifiutata in modo reiterato.
Del resto, pur con i suoi ripetuti richiami, non una – dicasi una – delle sue opere scultoree e fotografiche è stata presentata e neppure citata, mentre per la parte divistica, l’unica, c’è stato un profluvio di immagini, peraltro quanto mai vacue e lei non lo meritava. Anche perché la stessa parte cinematografica è stata sacrificata, nessuna scena di quelle intense di suoi film d’autore e non divistici, ricordiamo “La provinciale” e “La Romana”, e non solo “Pane amore e fantasia”, “Trapezio”, e “La donna più bella del mondo “. Si potrebbe dire che nessuna scena è stata mostrata, ci si è limitati alle immagini divistiche fisse, invece le scene filmate sono stati stralci di programmi televisivi del periodo divistico, banalissimi duetti con i conduttori nazional-popolari dell’epoca, ma allora poteva esser giustificata la limitazione al divismo, non adesso, decenni dopo la fine della carriera cinematografica nei quali lei ha svolto un’attività artistica molto intensa. Non nascondendosi per sparire come Greta Garbo, nè oscurandosi eppure proseguire come Mina, ma voltando pagina rispetto al passato, girando il mondo per le sue fotografie e facendolo girare alle sue sculture, le ricordiamo fino in Abu Dhabi, impersonando l’ “utilità” dell’arte e della vita, dandone personale testimonianza.
Un ricordo personale della Lollobrigida dalla mostra fotografica a Roma
Il nostro ricordo risale ad oltre dieci anni fa, allorchè le immagini da lei riprese in tanti paesi del mondo furono esposte a Roma nella mostra “Gina Lollobrifgda fotografa” al Palazzo delle Esposizioni presentata da Philippe Daverio, la visitammo e pubblicammo un’ampia recensione. Qaalche tempo dopo ricevemmo una telefonata in cui una voce profonda ci diceva: “Sono la signora Lollobrigida…”, pensammo a uno scherzo, per ricrederci subito quando divenne chiaro che era lei. Precisò che stava entrando in automobile a Montecarlo ed era ferma in un ingorgo, aveva voluto ringraziare personalmente sentendosi “molto felice” per l’apprezzamento manifestato verso la sua arte fotografica e per averne compreso l’impegno costante non episodico.
Seguirono altre telefonate, poi la sua richiesta di avere la recensione tradotta in inglese, provvedemmo subito trasmettendola al suo indirizzo e mail, ma successivamente ci disse che non aveva dimestichezza con Internet e forse per questo l’avevano vista solo i collaboratori. Non potemmo intervistarla, come volevamo, perché aveva dei problemi con le sue sculture spedite in Abu Dahbi
Ma non è di questo che interessa parlare, quanto di una successiva telefonata dopo una sua partecipazione a un’altra trasmissione nazional-popolare con il celebre conduttore maggiore esponente del genere. La chiamammo esprimendo stupore per il fatto che non le fosse stata rivolta nessuna domanda sulla sua arte fotografica e scultorea né era stata presentata alcuna sua opera. Ci rispose in modo veemente convenendo con noi, anzi lamentando che nell’intervallo pubblicitario si era addirittura arrabbiata con il conduttore proprio per questo fatto inaccettabile alzando anche la voce, ma non c’era stato niente da fare.
Parecchi anni dopo la cosa si è ripetuta in una trasmissione dello stesso tipo, con la differenza che questa volta, come abbiamo detto, la conduttrice ha citato le “fotografie e le sculture” ma sorprendendosi che ne parlasse sempre – quasi fosse una fissazione, ripetiamo noi interpretandone il senso – e ciononostante nessuna indicazione su tale attività, nessuna immagine presentata. Ed è ancora più sorprendente considerando che Wilkipedia la definisce “attrice, scultrice e fotografa”, e così il corriere.it ed altri, mentre la TV, in particolare la Rai, continua a mutilarne l’immagine della parte più propriamente artistica per relegarla nel divismo; qunado sarebbe stato spettacolare mostrare le fotografie dei suoi “reportage” nel mondo e le sculture di grandi dimensioni che inneggiano alla bellezza in forma artistica.
Ricordiamo la sua prima scultura, del 1992, che ha avuto notorietà, dal titolo “Vivere insieme”, un ragazzo felice che protende le braccia verso l’alto in groppa a una grande aquila dalle ali aperte, la proponemmo come simbolo della rinascita dell’Aquila dopo il terremoto dell’aprile 2009, in 5 articoli, rivolgendoci al Presidente della regione Abruzzo Gianni Chiodi e all’assessore alla Cultura del capoluogo abruzzese, Stefania Pezzopane, prima che fosse colpita dalla freccia di Cupido in una “love story” di cui si è molto occupata la televisione; invece nessun seguito ci fu alla nostra pur insistente proposta che rinnoviamo con forza oggi.
Dopo il cinema, la Lollobrigida scultrice
Rievochiamo ora per sommi capi la sua attività artistica al di là del cinema – in cui peraltro ha dato anche intense interpretazioni, al di là del divismo in cui è stata etichettata – cominciando dalle sue sculture. Ci limitiamo a brevi citazioni, a partire dalla mostra “Vissi d’arte” inaugurata alla fine del 2008 a Pietrasanta, dopo che per dieci anni aveva avuto il suo atelier di scultrice in quel luogo, terra di scultori, ideale per creazioni artistiche nell’atmosfera più idonea e ispiratrice; nella circostanza le fu conferita la cittadinanza onoraria, e nel locale “Museo virtuale di scultura e architettura” sono presenti sue opere. Ma ben 16 anni prima, nel 1992, aveva rappresentato l’Italia all’Expò di Siviglia con la scultura “Vivere insieme” che abbiamo prima citato nel nostro ricordo personale, per la quale ebbe le congratulazioni del presidente francese François Mitterrand con il conferimento della “Legion d’Onore” riferita alle sue doti artistiche, e la definizione di “artista di valore”; quattro anni dopo un altro riconoscimento artistico, Accademica onoraria dell’antica Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, solo altre due celebri donne hanno avuto tale privilegio.
La scultura è stata sempre la sua passione, prima trascurata per gli impegni cinematografici, poi fotografici, ma ripresa dal 1990. Sessanta sculture testimoniano questa sua attività artistica, alcune di grandi dimensioni, come i due bronzi monumentali alti 5 metri che aprivano l’esposizione a Pietrasanta in Piazza Duomo, con 11 sculture in marmo e bronzo ed opere plastiche, disegni e pitture nelle sale interne. In alcune ha voluto rappresentare icone del cinema creando una sorta di celebrazione della bellezza, tanto più significativa perché concepita da chi, come lei, ne è stata considerata l’incarnazione più autentica. Tra esse “Esmeralda”, ispirata a questo personaggio da lei interpretato nel film “Notre Dame de Paris”, come la “Regina di Saba” e “La Fatina di Pinocchio”, la “Venere imperiale” e “Paolina Borghese”, nella nuova chiave artistica; fino a “Marylin Monroee” , la statua la raffigura distesa in posa sexy, forse una riparazione rispetto al paragone di Humphrey Bogart tra lei e l’americana: “In quanto a sex appeal fa apparire Marilyn come una scolaretta”.
Al riguardo ha detto lei stessa: “Mi esprimo con le esperienze e i ricordi della mia vita. L’arte è comunicazione. Alcune sculture rappresentano me che interpreto i vari personaggi, c’è allegria, sono piene d’oro e di colori”. Ha iniziato con sculture sulla maternità e sul mondo dei bambini, le opere ispirate ai personaggi cinematografici esprimono lo slancio di quegli anni, “un cinema – ha esclamato – dove avevamo bisogno di sognare, di vedere tutto dorato, in positivo, di vedere la bellezza”. Ma si è ispirata anche a grandi protagonisti della politica, dell’arte e dello spettacolo, molti dei quali suoi ammiratori, incontrati direttamente; e fotografati incurante di intaccare il mito “glamour” della “diva”.
Abbiamo ricordato, oltre a questa mostra del 2008, l’Expo di Siviglia del 1992, aggiungiamo che tra questi due momenti così significativi vi sono state esposizioni di sue sculture all’estero in sedi prestigiose, come nel 2003 al Museo Puskin di Mosca con 38 sculture – 4.000 visitatori giornalieri e 6.000 il sabato e la domenica – nel corso della quale ha avuto i complimenti di Vladimir Putin; nell’autunno dello stesso anno esposizione al Lido di Venezia, poi al Museo de la Monnaie di Parigi, aperta fino al 2004, con 40 sculture, conseguendo un successo tale da meritare il conferimento del massimo riconoscimento artistico internazionale, il “Commandeur de l’Odre des arts e des lettres” dal Ministro francese della cultura. La sua prima scultura sul mondo dei bambini l’ha donata alla FAO, di cui è stata ambasciatrice, ruolo immortalato anche in un francobollo della Repubblica di San Marino, in una serie filatelica con esemplari riferiti specificamente alla sua arte scultorea e a quella fotografica. oltre che alla diva del cinema.
L’aspetto forse inatteso, e tanto più straordinario, è che il suo impegno non si è limitato all’idea e al disegno dell’opera, lei ha lavorato direttamente alla realizzazione nel suo atelier di Pietrasanta dove nel periodo di maggiore attività trascorreva gran parte del suo tempo, seguendo le varie fasi: cioè modellando la creta e ritoccando le cere e il gesso, fino alla fusione in bronzo nelle locali fonderie, compresa la doratura di molte di esse, e alla finitura con frese e carte abrasive; anche in un materiale difficile come il marmo. Il disegno e la pittura fanno parte dei suoi interessi artistici, in preparazione alle altre forme espressiive; la mostra di Pietrasanta, dedicata direttamente alla scultura, aveva anche una parte di disegni e pitture esposte nelle pareti di sale con al centro alcune opere scultoree.
Ha confidato di aver tratto insegnamenti dai grandi artisti che ha frequentato, come Giorgio de Chirico e Salvador Dalì, e da scultori come Francesco Messina e Giacomo Manzù. Mentre posava da modella cercava di cogliere i segni inespressi della loro arte finchè in uno di tali momenti decise di riprendere la scultura che aveva lasciato: “Guardando il maestro Giacomo Manzù, mio amico, che mi ritraeva per la seconda volta, proprio vedendo lavorare lui, quest’amore per l’arte che avevo compresso in tanti anni della carriera cinematografica è riesploso, non potevo più resistere… E’ lui che mi ha comunicato l’umiltà e la passione indispensabili per scolpire”, ebbe a dire nel 2003 rispetto alla mostra “Open” a Venezia, la prima personale dopo le anticipazioni, intervistata da Diane Barrow.
E aggiunse: “Io amo la scultura, la amo talmente, questa è una cosa certa… Ho aspettato, ho compresso questa voglia in tutti gli anni della mia carriera cinematografica che però è arrivata dopo… Ho studiato all’Accademia di Belle Arti, il mio primo disegno è stato pubblicato su Topolino quando avevo dieci anni”. Andò ancora oltre, nel suo sfogo sincero: ”Finalmente posso anche in Italia, dare qualcosa di me, qualcosa di più profondo, rispetto alla carriera cinematografica perché le sculture sono una ‘creazione completa’, una creazione dove non esiste lo sceneggiatore, non c’è il regista, non c’è il produttore (ridendo), perché purtroppo tutte queste sculture mi costano… Però investo volentieri tutto quello che ho guadagnato nella vita cinematografica nelle sculture, perché ci credo, e spero che quest’amore che io ho per questo lavoro, sia anche capito da voi e sia capito da tutte le persone che mi vogliono bene”. Evidentemente, non lo ha capito – pur volendole bene a stare alle sue ripetute profferte di affettuosa amicizia – la conduttrice nazional-popolare di cui abbiamo ricordato la penosa incomprensione in “Domenica in” di Pasqua 2020.
Ha concluso l’intervista del 2003 con queste parole eloquenti in cui c’è forse una chiave interpretativa di ciò che sembra incomprensibile, riferendosi alla mostra al museo Puskin di Mosca: “Il successo è stato talmente enorme che mi sono sorpresa perché purtroppo nella vita il successo dà fastidio, dà fastidio a tanti. Io sono sempre circondata dalla perplessità di gente che dice: ma le avrà fatte lei? Anche quando ho cominciato la fotografia, ricevevo la stessa critica: ma avrà scattato lei le foto? E così il successo pieno a Mosca mi ha molto sorpreso, poi ho accettato con gioia l’invito di Paolo De Grandis per dare un’anticipazione in Italia delle mie opere, sono 11 qui esposte al Lido di Venezia. La prossima sarà una mostra più completa a Parigi al Museo Monnet, con più di 40 sculture”. Per concludere con le parole: “Sono felice finalmente di potermi esprimere con quello che amo di più, spero che il pubblico condivida il mio amore per le opere che faccio perché è la cosa alla quale tengo di più”. Sono parole di 17 anni fa, nella Pasqua del 2020 ha mostrato la stessa passione e ha ricevuto un’incomprensione ancora maggiore.
Andiamo avanti. Da un’intervista di Cinzia Donati – pubblicata su Paspartu il 16 dicembre 2008, poi nel proprio sito “La Stanza delle Torture” in occasione della mostra di Pietrasanta – riportiamo alcune risposte rivelatrici sulla spinta interiore della sua passione artistica. Alla domanda se l’avesse soddisfatta più l’arte o il cinema ha risposto: “L’arte è andata bene, ma per il resto lasciamo andare. A Mosca e Parigi mi hanno detto: ‘Pensavamo di conoscere Gina Lollobrigida attraverso i suoi film, ma dopo aver visto la mostra ci siamo ricreduti’”. Sulla scelta di Pietrasanta: “E’ un posto molto importante per l’arte: ci sono laboratori e artisti da tutto il mondo. Io che amo le sfide ho pensato di venire proprio qui, dove la critica e il giudizio sono più appropriati e dove lavorare è più difficile, perché in casa propria è sempre più difficile farsi apprezzare. A Pietrasanta gli artisti sanno apprezzare il bello e il brutto, ci sono abituati. Poi veramente mi sento a casa mia: posso uscire in pantofole o con la polvere di marmo in viso e nessuno ci fa caso… Qui si respira un’aria di tranquillità: quando l’ho vista ho capito che valeva la pena fare una mostra qua. Il giudizio degli artisti competenti è molto importante. È una specie di “anteprima”. Umiltà, dopo l’Expò di Siviglia del 1992 e il Museo Puskin del 2003, ma è anche questa la sua caratura di diva suo malgrado, etichettata e ghettizzata nel divismo d’epoca mentre ha da offrire tanto di nuovo oggi.
La fotografia nel talento artistico della Lollobrigida ignorato dalla TV
Questo per ricordare la Lollobrigida scultrice. Ma c’è anche la Lollobrigida fotografa, ancora più dominante e costante nella sua figura artistica, perché già la mostra del 2009 al Vittoriano – che abbiamo ricordato – significativamente nell’anno la mostra di sculture a Pietrasanta celebrava 50 anni di fotografie. Un’attività incessante e appassionata sulle vicende umane nei più diversi ambienti culturali e antropologici, dall’Occidente sviluppato e ricco al Terzo mondo arretrato e povero, dai potenti della terra agli umili ed emarginati ai quali va la sua personale predilezione espressa nel linguaggio dell’arte fotografica, oltre che nell’impegno diretto nelle organizzazioni umanitarie, come Unicef e FAO.
Una galleria di popoli e di paesi dei diversi continenti, fissati nell’obiettivo della sua macchina fotografica fin dal 1959, come di celebrità della politica, dell’arte e del costume, quali Indira Gandhi, Fidel Castro ed Henry Kissinger, Yuri Gagarin e Neil Armstrong, Salvador Dalì ed Ella Fitzgerald, Maria Callas e Liza Minnelli, Grace Kelly e Audrey Hepburn, Paul Newman, Sean Connery e tanti altri. Ha pubblicato otto libri fotografici, nel 1973 il volume “Italia mia” ha vinto il premio “Nadar” al miglior libro fotografico dell’anno con oltre 300.000 copie vendute nel mondo; venti anni dopo nel volume “The Wonder of Innocence” ha pubblicato celebri composizioni fotografiche di bambini e animali risultato di 14 anni di lavoro con tecniche di composizione che hanno anticipato addirittura quelle poi utilizzate nei computer. Spettacolari i cataloghi delle sue mostre in più lingue.
Tra fotografia e scultura, cosa preferisce? le è stato chiesto: nella stessa intervista di Cinzia Donati: “La fotografia ce l’ho nel sangue, l’ho fatta per quaranta anni. La scultura mi si addice molto perché si è padroni di se stessi. Non c’è il regista come al cinema”. E “Le Monde” nel 1980, in occasione di una sua mostra al Museo Camevalet di Parigi, quando le fu conferita la medaglia d’oro della città, così commentò le sue fotografie: “Ha l’occhio di un Cartier Bresson, ha talento, è piena di energia e le sue foto hanno una forza sconvolgente. E’ veramente una grande artista”.
Su questo versante della sua arte saremo ancora più espliciti ripubblicando, in un articolo contestuale a parte, la nostra recensione – che uscì in un altro sito, non più raggiungibile – sulla sua mostra al Palazzo delle Eposizioni nella quale si riconobbe e volle attestarcelo. L’anno successivo seguì la mostra fotografica negli Stati Uniti al Santa Barbara Museum of Art e un “tour” mondiale in sedi espositive prestigiose.
Philippe Daverio è il critico d’arte di grande livello che ha presentato sia la mostra di scultura a Pietrasanta nel 2008 che quella di fotografie al Palazzo delle Esposizioni nel 2009. L’americano Robert C. Morgan, curatore della mostra “Open 2003” – l’esposizione internazionale di sculture e installazioni, parallela alla mostra del Cinema di Venezia – mise in risalto l’attenzione ai dettagli delle sue sculture esposte all’Excelsior, “come un ritorno al barocco in un ‘new rococò’”.
I direttori della Biennale d’Arte di Venezia, Maurizio Calvesi e Francesco Bonanni, ne elogiarono l’attività artistica, il secondo la invitò a una visita speciale ai Giardini. “Con la fotografia e la scultura sono tornata ad interessarmi agli altri, a cercare di capire come va il mondo, come viviamo, quali sono i problemi della quotidianità”, è il sigillo artistico e umano di un’artista che ha preso le distanze dal divismo e dal gossip in cui cercano di confinarla, in un’inaccettabile censura alle sue espresisoni nell’arte.
Una storia artistica la sua, che ha tenuto riservata e nascosta per decenni, anche quando – lasciato il cinema che non sentiva più suo – all’inizio degli anni ’70 è tornata alla sua vera vocazione, l’arte. «Finché, a un certo punto della vita, mi sono resa conto che quel ruolo di primo piano mi stava stretto. Grazie ad altri interessi, la fotografia, la scultura, ho imparato a mettermi da parte e osservare gli altri». Non in modo passivo ma con un intenso impegno artistico venuto allo scoperto nei momenti esaltanti, in presenza di mostre in tutto il mondo, di scultura e fotografia, libri e critici illustri. Soprattutto dall’iniizo del secondo millennio in poi.
Ripercorrendo questa storia pur molto sommariamente appare incredibile come sia del tutto ignorata nella televisione nazional-popolare, nonostante i suoi espliciti richiami di cui abbiamo riportato qualche momento, quasi si volesse censurare l’arte per non oscurare il divismo e il gossip. Scandaloso e vergognoso voler relegare la Lollobrigida di oggi, e dei decenni scorsi, soltanto alla memoria storica di se stessa e del divismo cinematografico; come se per il resto sia “inutile” come viene ritenuta “inutile” l’arte e la terza età nei fatti denunciati con l’oratoria appassionata da Stefano Massini.
Perciò dalla citazione dello scrittore siamo passati a Gina Lollobrigida, che ci sembra esserne il “testimonial” ideale. Anche lei si unisce al suo grido “non sono inutile”, ad entrambi ci uniamo nel nostro piccolo, con slancio altrettanto appassionato unito a una incontenibile voglia di continuare a dimostrarlo.
Info
Cfr. il nostro articolo citato “Coronavirus, la prima linea e le retrovie di una guerra asimmetrica”, in questo sito 26 marzo 2020; in particolare il commento di Giuseppe Maria Sfligiotti e i due commenti di Piercarlo Ceccarelli con le nostre risposte. I conduttori delle due trasmissioni televisive Rai, nell’ordine di citazione, sono Mara Venier e Pippo Baudo. La nostra recensione alla mostra del 2009 “Gina Lollobrigida fotografa”, già pubblicata in cultura.inabruzzo.it dell’agosto 2009, non più raggiungibile, viene ripubblicata in questo sito contestualmente al presente articolo nella stessa data. La citazione di Savonarola si riferisce al libro di Stefano Massini, “Io non taccio”, Corvino Meda Editore, pp. 112, con le veementi “prediche” del frate fiorentino “riscritte” da Massini e recitate nell’unito DVD da don Andrea Gallo. Le interviste citate sono nei siti gazzettadisondrio.it per quella di Diane Barrow, lastanzadelletorture.it per quella di Cinzia Donati. I 5 articoli con la nostra proposta di fare della scultura “Vivere insieme” il simbolo della rinascita dell’Aquila sono usciti il 20 gennaio 2013 e il 28 ottobre 2012 in www.arteculturaoggi.com, il 18 gennaio 2013, 27 ottobre 2012 e 3 settembre 2009 in cultura.abruzzo.world.com, con l’immagine della scultura.
Foto
Le immagini si riferiscono alla Lollobrigida scultrice, due di esse mostrano i suoi disegni e dipinti alle pareti di sale con al centro sue sculture, e l’ultima introduce alla Lollobrigida fotografa, le cui immagini sono inserite nell’apposito articolo sulla mostra del 2009 al Palazzo delle Esposizioni pubblicato contestualmente. In apertura Gina Lollobrigida, attrice, scultrice, fotografa, e Stefano Massini, scrittore; seguono la scultrice con il bozzetto di “Esmeralda” , e Gina Lollobrigida, “Esmeralda” 2002, bronzo; poi, la scultrice con il bozzetto del Gruppo di bambini e Gina Lollobrigida, Gruppo di bambini; quindi, la scultrice con la sua opera “Vivere insieme” , e Gina Lollobrigida, “Vivere insieme” 1992; inoltre, Gina Lollobrigida, “Marylin” , e la scultrice con “Petite Dancesuse”, 1994, bronzo; ancora, Gina Lollobrigida, “Paolina Bonaparte” , e Gina Lollobrigida, statua di bellezza muliebre con motivi vegetali; continua, la scultrice dietro una propria statua con Gian Luigi Rondi e Gina Lollobrigida, statua di Madre con bambino; prosegue, la scultrice si immedesima nella Madre con bambino, particolare, e Gina Lollobrigida, “Andrea Bocelli“, la scultrice con il soggetto della sua statua; poi, Gina Lollobrigida, Ragazzo dalle braccia conserte, con la scultrice; quindi, 3 immagini nel suo laboratorio di scultrice, al lavoro su una statua, poi su un busto e una visione d’inieme del suo laboratorio; inoltre Catalogo in inglese per le mostre di scultura all’estero, e 7 immagini sulla mostra di Pietrasanta del 2008, 2 nell’interno della Chiesa di Sant’Agostino, con sue sculture, una visione d’insieme e una particolare, 2 nella Sala delle Grasce, rispettivamente con 3 e 5 sue sculture, 2 nella Sala dei Putti e nella Sala del Capitolo, rispettivamente una sua scultura a sin. e al centro, alle pareti suoi dipinti e disegni, completa il Catalogo della mostra “Vissi d’arte” 2008; ancora, Gina Lollobrigida, “Primavera” 2002, marmo, nella Chiesa di sant’Agostino, lei a sin., e Gina Lollobrigida, “Primavera”, particolare; continua, Gina Lollobrigida, “La Fata turchina” 2003, bronzo, a sin. con lei il sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni; poi, la scultrice dinanzi alla sua “Esmeralda” , e il popolo di Pietrasanta festeggia Gina Lollobrigida all’inaugurazione della sua mostra; infine, il francobollo di San Marino sulla Lollobrigida scultrice e, in chiusura, Gina Lollobrigida sui tetti di Roma fotografa una modella, che introduce all’articolo contestuale sulla Lollobrigida fotografa Le immagini sono tratte dai siti di seguito indicati nell’ordine in cui sono inserite nel testo, si ringraziano i loro titolari per l’opportunità offerta, precisando che hanno solo scopo illustrativo e culturale senza alcun intento economico, nè commerciale, nè pubblicitario; qualora la pubblicazione non fosse gradita, le immagini verranno rimosse subito su semplice richiesta dei titolari dei siti. Sono tratte dai siti web: biografieonline.it, trentino.cultura.it, musapietrasanta.it, pinterest.it, vsuete.com, museodeibzzetti.it, style.corriere.it, arteculturaoggi.com, getty images, cicinatuttacronaca.wordpress.com, fotoalamy.it, alainelkaninterviews, corriere.it, loschermo.it, lavoce.it, museodeibozzetti.it, repubblica.it, alainelkaninterviews, caffeinamagazine.it amazon.it, 3 tutte del sito web musapietrasanta.it, 4 tutte museodeibizzetti.it, amazon.it, lastanzadelletorture.it, iltirreno.gelocal.it, 3 tutte del sito web lastanzadelletorture.it, riminibeach.it, archiviopizzi leformiche.net.
Caro Romano.
Ho letto il tuo pezzo.
Penso che l’arte, in ogni sua espressione, sia “cibo per la mente” per molti e non per tutti. Credo lo si debba accettare senza scandalizzarsi. E’ un aspetto che riguarda il ciclo di vita della civilizzazione e ci saranno sempre sensibilita’ (in chiave economica: bisogni) diverse e in movimento nel tempo (attenzione, si puo’ andare avanti lungo il ciclo ma tornare anche indietro).
Il ‘cibo per il corpo’ e’ senz’altro piu’ popolare… ed ecco che i ristoranti apriranno forse prima dei teatri mentre il pericolo di Coronavirus suggerirebbe che avvenisse vice versa.
A presto,
Piercarlo
Caro Piercarlo, le tue parole improntate a un pragmatismo quanto mai concreto e realistico riportano a terra chi si è sollevato troppo nel volo pindarico di esaltazione dei valori ideali, e quelli dell’arte e della cultura lo sono senz’altro ma devono sottostare alla graduazione in una scala nella quale possono non essere prioritari. In questo sono d’accordo con te, e non mi sentirei di seguire Stefano Massini se volesse porre arte e cultura al vertice della scala di priorità; tu sffermi giustamente che il “cibo per il corpo” è più “utile”, anzi più indispensabile – se si può dire così con una comparazione sgradevole quanto stridente dal punto di vista grammaticale – del “cibo per la mente”. Infatti sono in disaccordo con Vittorio Sgarbi che ha criticato aspramente come assurda la chiusura dei musei quando restano aperti i supermercati mentre si potrebbero rispettare le stesse misure di sicurezza, distanziamento, ecc., e così per le chiese Nessuno gli ha replicato – come avresti fatto giustamente tu, e avrei fatto anch’io – che il “cibo del corpo” non può mancare, e per questo i supermercati sono rimasti aperti, mentre nel “lockdown” è stato giusto chiudere invece i luoghi del “cibo per la mente” e anche quelli del “cibo per l’anima”, possono aspettare. Detto questo, nella mia visione non si può negare l'”utilità” di questi “cibi” pur non prioritari, e soprattutto non si può negare la priorità assoluta, al vertice di tutto, della vita umana che non deve giustificare la propria “utilità”, neppure con le nobili parole dello scrittore Antonio Scurati nell’ “epitaffio” per gli appartenenti alla generazione degli anni ’40”, “falciati dal virus”. No, non è la loro “memoria storica” che ci manca e dobbiamo piangere, è il loro essere persone, con sentimenti, affetti ed emozioni che li mettono allo stesso piano dei giovani, senza essere degradati perchè meno “utili” e senza essee elevati perchè più “utili” come imperdibili testimoni di una storia nazionale irripetibile. So benissimo che le vite si perdono in mille modi, dalle malattie “normali” agli incidenti di ogni tipo, ma non si può accettare di sacrificarle cinicamente in nome di una “utilità” superiore , che poi si rivela artificiale e artificiosa, come quella legata ai consumi “indotti” dalla produzione che Galbraith, ricordo ancora, condannò più di mezzo secolo fa. E’ vero che è stato inascoltato, ma è anche vero che l'”utilità” anche economica si può trovare pure per i “beni comuni” come quello della salute e della vita che è il bene supremo, e mi sembra che la “corsa al vaccino” possa segnare un’inversione di tendenza salvifica. Le epidemie ci sono sempre state e non è cambiato nulla. è vero anche questo; ma non si era mai avuto un “lockdown” a livello mondiale di 4 miliardi di persone in ogni continente, in una globalizzazione anche mediatica del tutto inedita. Perchè non dovrebbe cambiare nulla nella destinazione delle risorse dopo che il virus sembra avere cambiato tutto? Mi piace avere questa speranza, almeno fino alla prossima delusione. Nè il tuo pur giusto richiamo alla realtà, caro Piercarlo – da profondo conoscitore dei meccanismi dell’economia e delle imprese che ne sono il motore – fa venir meno la mia speranza. “Spes contra spem…”, si intitola così anche un’opera di Renato Guttuso – definita il suo quadro-testamento – con una finestra aperta sull’orizzonte, mi affido di nuovo all’arte per dare a questa speranza corpo, mente e animna, le tre componenti dell’essere umano cui non dovrebbe mai mancare tutto il “cibo” necessario.
Caro Romano,
stimolato dal tuo articolo, che ho letto con attenzione, ho cercato, trovato e ascoltato il monologo televisivo di Stefano Massini, sono anche riuscito a trovare e leggere l’articolo di Antonio Scurati sul Corriere. E mi sono chiesto: siete, voi, voci che gridano nel deserto?!
Penso e spero di no perché, in questo momento, il deserto è meno deserto: paradossalmente, Covid-19 ha l’effetto di una pioggia che rende il deserto “fertile” per far attecchire la pianticella della ragionevolezza nella nostra scala dei valori e, in definitiva, nella nostra condotta. Ma non basta che questa pianticella attecchisca: occorre che possa svilupparsi e diffondersi, possibilmente senza che sia necessaria la pioggia di una nuova catastrofe per non farla morire. Occorre che i messaggi (alcuni di autorevolissime personalità) e i buoni propositi che da più parti si predicano ed a volte si mettono anche in atto non siano poi abbandonati con l’auspicato ritorno alla “normalità”.
Per restare nella metafora, penso che questo sia il momento propizio per “seminare” ed anche per continuare ad operare coerentemente nel tempo, affinché si abbia un buon e durevole raccolto negli anni a venire. Occorre però operare subito ed evitare che si verifichi il noto adagio “Passata la festa, gabbato lo santo”. E per raggiungere questi risultati penso che tutte “le persone” di buona cultura e di buona volontà abbiano un ruolo importante da svolgere e debbano essere coinvolte. Avevo incominciato a scrivere “i politici”, ma poi ho pensato che fare riferimento in primis alla “classe dei polititi” avesse due inconvenienti. Il primo inconveniente è che questo obbligo e questo impegno sono di tutte le persone capaci di dare un contributo per realizzare questo rinnovamento. Il secondo inconveniente è che fare affidamento (solo o in misura preponderante) sui politici può essere un azzardo troppo grande, anche perché, purtroppo, non pochi politici hanno mostrato chiaramente di non possedere sufficienti doti culturali e di buona volontà. Un forte coinvolgimento dei cittadini darebbe invece conforto e forza ai politici più illuminati e determinati ad agire (e grazie a Dio ve ne sono) per superare le difficoltà dovute a ignoranza, incompetenza, grettezza, pigrizia, mancanza di immaginazione, burocrazia, localismi, interessi particolari, ecc. ecc. Un discorso a parte meriterebbe di essere fatto sul ruolo della così detta “élite culturale”. La mia impressione (dico impressione, non fondato convincimento) è che attualmente l’apporto degli intellettuali sia relativamente modesto se paragonato alle loro grandi potenzialità, al “fabbisogno culturale” del Paese, ed anche ai loro “doveri” nei confronti della collettività. Un loro maggior coinvolgimento per l’auspicato rinnovamento mi sembra, di fondamentale importanza e sarebbe anche una buona garanzia di successo.
Mentre facevo queste riflessioni sulla presente triste situazione e sulla assoluta necessità di agire – “seminare” – per uscirne, mi è venuto alla mente il primo movimento del Requiem Tedesco di Brahms. Come è noto, Brahms nel suo stupendo Requiem [è stato definito un Requiem “per i vivi”] ha scelto e messo in musica brani delle Sacre Scritture. Ebbene, nel primo movimento troviamo due citazioni che chi vuole può prendere come certezza di consolazione per il triste presente e di gioia per il futuro. Eccole: “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati” (Matteo V, 4); “Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia. Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni” (Salmo CXXVI, 5-6). Può apparire singolare che questi ed altri brani del Nuovo e dell’Antico Testamento siano stati scelti dall’agnostico Brahms per il suo consolatorio Deutsches Requiem. Evidentemente, anche il non credente ma assiduo lettore della Bibbia, il grande Brahms, ha trovato nella “cultura” delle Sacre Scritture motivi di ispirazione per questo suo capolavoro.
E a questo punto, caro Romano – lasciandomi trascinare dalla mia “fissazione” per la diffusione della musica così detta “colta” e di altre forme d’arte – mi permetterei di dare un suggerimento all’ottimo Massini. Perché non integrare/arricchire con brevissimi brani musicali le sue narrazioni a “Piazza pulita”? Od anche mostrare qualche capolavoro delle arti figurative? Per esempio, la Nike di Samotracia (Museo del Louvre), quando ci parlerà della Vittoria del vaccino su Covid-19. Penso che questi brevissimi intermezzi artistici (che abbiano qualche connessione con la narrazione) non sarebbero del tutto fuori luogo, non sarebbero “inutili”, ma avrebbero la non trascurabile “utilità” di diffondere la bellezza dell’arte e offrire qualche minuto di gioia e speranza in serate televisive rese a volte opprimenti dalle cattive notizie e dalle sgradevoli performance di qualche invitato. Se “La bellezza salverà il mondo”, potrebbe aiutarci a salvare anche il nostro disastrato Paese!
Termino ringraziandoti anche dei tuoi articoli su Gina Lollobrigida. La mia ignoranza (alla quale ha anche contribuito il da te criticato sistema mediatico nazional-popolare) l’aveva confinata al ruolo di attrice e sex symbol, dimenticando gli altri due di scultrice e fotografa (che sono giustamente richiamati da Wikipedia!). E’ stata una bella scoperta vedere la diva divenuta artista, e non con incursioni transitorie da “geniaccio” – nella definizione di Daverio che hai citato nel secondo articolo – ma con un impegno costante e appassionato per più di mezzo secolo. Non resta che ammirarla come e più di come lo si è fatto quando era attrice!
Giuseppe
Caro Giuseppe.
Il tuo commento mi conforta sotto diversi punti di vista. Sul piano personale perché collima con la mia visione carica di speranza sulla possibilità che lo shock a livello mondiale possa essere reso benefico dalla globalizzazione dell’evento, e ciò che non è avvenuto finora possa accadere. Ma non è questo che conta, importante è la visione generale, la “pioggia che rende fertile il terreno”, strappandolo all’aridità di deserto senza vita, da te evocata, mi fa ripensare alla pioggia salvifica dei “Promessi sposi”: in fondo anche quella attuale è una “peste”, a stare alla contagiosità e alle stesse misure di difesa. Né sappiamo bene come si diffonde, il contatto a meno di un metro mi sembra troppo riduttivo, e non voglio ripetere quanto ho scritto nell’articolo sul coronavirus.
Ma mentre la pioggia manzoniana è risolutiva, questa al massimo può “far attecchire la pianticella della ragionevolezza”, tuttavia non basta limitarsi a dare una testimonianza. E allora ecco la tua visione manageriale che si preoccupa di individuare strategia e interventi. La linea indicata è che occorre “seminare”, e debbano farlo tutti, ciascuno nel proprio ambito, continuando con costanza a curare il seminato per far sviluppare le piantine inizialmente gracili. E avverti degli ostacoli, la difficoltà di trovare tanta gente di buona volontà per questa battaglia nella quale sostenere e stimolare i politici – ed è giusto sottolineare che ne esistono di “illuminati”, non va fatto di tutt’erba un fascio nella “casta” – per sconfiggere altri “virus” dai nomi ben precisi che elenchi: sono “ignoranza, incompetenza, grettezza, pigrizia, mancanza di immaginazione, burocrazia, localismi, interessi particolari, ecc. ecc.”. Ricordi i salmi della Bibbia musicati da Brahms, con le lacrime che si tramutano in gioia e il pianto della semina cui segue la gioia dei covoni: nelle scuole di management che ben conosci ci hanno insegnato a trasformare le minacce in opportunità, “Beati quelli che sono nel pianto perché saranno consolati”, si legge nella Bibbia e il grande musicista tedesco l’ha tradotto nel suo “Requiem per i vivi”, sempre che si associ ad “aiutati che Dio t’aiuta”, l’opportunità non nasce automaticamente, ma si può e si deve ricercare, con impegno e volontà.
Giustamente critichi l’èlite culturale quasi del tutto assente, sembra insensibile a questi valori – arte e cultura insieme alla vita umana – e a tale riguardo ricordo i cosiddetti “intellettuali di sinistra”, sempre pronti a firmare manifesti contro l’ostacolo di turno alle loro mire egemoniche, in senso gramsciano, ovviamente. Speriamo che gli intellettuali senza collocazioni si riscuotano dal loro torpore, e si innamorino di questa battaglia, svanito almeno in questa fase l’innamoramento per le “sardine”, scomparse da quando il “distanziamento sociale” ha cancellato le loro piazze, quasi che potessero esprimersi soltanto con il contatto dei “corpi” in sostituzione di idee assenti. Tra tanti appelli alla responsabilità dei cittadini – più o meno recepiti – sembra ancora più calzante il tuo alla responsabilità degli intellettuali, speriamo non cada nel vuoto dopo che è mancata la loro mobilitazione spontanea. Anche perché il ritorno in primo piano dell’economia, con la sospirata attenuazione dell’epidemia nei vari paesi, negli appelli sempre più frenetici a “ricominciare” come prima, potrebbe spegnere le speranze di cambiamento, “passata la festa…” come dici. Tanto più che non è stata una festa ma un trauma ancora presente, per cui occorre reagire perchè prevalgano le ragioni di una svolta radicale portando in primo piano ciò che deve contare realmente in una visione più “umana”, dalla destinazione delle risorse al ruolo dell’arte e della cultura. .
Ma non voglio deviare dal tema specifico, nel quale la tua analisi penetrante fa un passo avanti, indica anche una modalità operativa per far sviluppare meglio la “pianticella” di Stefano Massini, appena “attecchita” ma che ha bisogno di altre semine e di tante cure. Suggerisci allo scrittore-predicatore di integrare i suoi monologhi con musiche – e avrai di certo da suggerire le forme più efficaci – e immagini artistiche per dare “corpo” veramente all’ “utilità” dell’arte nel portare avanti cause meritevoli, come sono quelle da lui evocate in televisione il giovedì sera. Ne guadagnerebbe anche la loro resa spettacolare, e soprattutto sarebbe un modo di far uscire l’arte dal ghetto in cui viene confinata, facendola entrare – come rafforzativo e testimonianza delle cause più nobili – nella vita di coloro che ad esse sono sensibili e vogliono mobilitarsi di conseguenza. Giriamo la tua idea a Stefano Massini e a Corrado Formigli per la loro trasmissione, ma non vogliamo limitarne l’ambito a questa sede privilegiata. Ha un valore generale, soltanto Vittorio Sgarbi qualche volta ha presentato delle opere pittoriche come espressione di concetti o ricorrenze, ma in modo episodico, l’idea potrebbe invece avere un valore generale.
Se “la bellezza salverà il mondo”, come giustamente ricordi, caro Giuseppe, deve manifestarsi nelle sedi più frequentate soprattutto attraverso l’arte che ne è l’interprete più sensibile ed espressiva. Come dopo la pestilenza fiorentina c’è stato il Rinascimento, si potrà vedere un nuovo Rinascimento, nell’attuale crisi di talenti, valorizzando il nostro sterminato patrimonio culturale e artistico calandolo nella realtà di tutti, in modi quali quello che suggerisci per i monologhi di Massini; non dimenticando l’importanza della musica per possibili suggestivi accompagnamenti.
Nelle mie risposte mi trovo spesso a dover difendere le mie convinzioni da impostazioni dissonanti, ma in questo caso le nostre visioni coincidono. E ti ringrazio, caro Giuseppe, di aver portato la discussione nell’ambito più propriamente artistico; sotto altri punti di vista le incertezze possono essere maggiori, ma riguardo all’importanza dell’arte e della cultura nessuno sembra dubitare. Però tutti si fermano ad attestazioni generiche, tu invece fornisci una piccola chiave per entrare nella vita di ognuno, un altro “uovo di Colombo” geniale quanto promettente. Vedremo se e come potrà “attecchire”.
Sono lieto di aver contribuito a farti conoscere il lato artistico della diva Lollobrigida. Che una persona attenta e informata come te non la conoscesse compiutamente è una prova dell’incomprensibile e inconcepibile censura che viene compiuta dalla comunicazione, soprattutto televisiva, la quale peraltro non si dimentica di lei, ma ghettizzandola nel divismo d’epoca. E sei andato a cercarla su Wilkipedia, che le dà, giustamente, onore al merito. Per noi, della generazione che la vide “nascere” in “Pane, amore e fantasia”, aver messo in secondo piano la “bersagliera” dinanzi alla scultrice e alla fotografa è una prova della forza dell’arte. E tu caro Giuseppe, lo confermi.
Caro Romano
sapevo che La Nostra Gina era fotografa, ma non avevo mai visto le sue sculture, devo dire che mi sono piaciute molto,ho trovato che hanno tutte i lineamenti molto delicati e tutti i soggetti sono rivolti alle donne ed ai bimbi, anche questa scelta mi piace molto. Sono la cosa più bella e più delicata di tutta la nostra natura di uomini .Sono rimasto molto soddisfatto e vorrei ringraziare Te per aver esposto il tutto in modo tanto egregio, ma mi voglio rivolgere anche alla nostra Scultrice con un Brava, Bravissima Sei Forte GINA! Complimenti.
Caro Ciro, hai colto di Gina Lollobrigida scultrice il dato essenziale dei suoi soggetti, la bellezza femminile e l’innocenza infantile, che colpiscono per la delicatezza con cui dà corpo – è il caso di dirlo – ai sentimenti più nobili della nostra vita, perchè “la bellezza salverà il mondo”, come disse Dostoevskij, e i bambini ne sono il futuro. E’ straordinario che protagonista di questa celebrazione sia una diva, abituata ad essere celebrata e non a celebrare. Avrebbe potuto riposare sugli allori di una straordinaria popolarità che le avrebbe assicurato, comunque, di proseguire la carriera cinematografica anche nell’età matura, in ruoli diversi ma sempre di primo piano. Invece dall’inizio degli anni ’70, quindi prima dei 45 anni, ha lasciato il cinema – salvo dei brevi ritorni oltre 10 anni dopo – per il “richiamo della foresta” dell’arte, e non solo nella fotografia, che conoscevi e appare una prosecusione più logica con il passaggio dall’altra parte dell’obiettivo; ma addirittura nella scultura, e di grandi dimensioni, con il coinvolgimento di autrice in tutte le fasi, dall’idea alla realizzazione, in gesso e cera, bronzo e marmo. Sono lieto di aver contribuito a farti conoscere il “lato B” della diva che, vivaddio, non è quello evocato dalla vulgata nazional-popolare, pervicace da sempre nell’oscurare, e lo ha fatto anche di recente – come ho criticato -questa sua dote di valore incalcolabile, per il significato che assume e l’insegnamento che dà. Caro Ciro, mi unisco alla tua esclamazione spontanea “Brava, Bravissma. Sei Forte GINA”, di cui sottoscrivo anche le maiuscole. Spero che Gina possa conoscere questo vivo apprezzamento. Complimenti a te per la tua sensibilità e la spontanea adesione a questo riconoscimento dovuto a una diva divenuta artista in arti diverse rispetto all’arte cinematografica, nella quale pure ha lasciato un segno profondo nella memoria e nell’immaginazione.
Dopo il servizio sul coronavirus, sostanzioso per la completezza di approfondimento, che è una delle tante caratteristica del Levante, con brevi notizie sulle iniziative prese da organismi nel campo dell’arte e della cultura per fornire accessi telematici in grado di alleviare il lungo isolamento, ne pubblica altri due, questo il primo “Gina Lollobrigida, 1. Con Stefano Massini per l’ “utilità” dell’arte, le sue sculture”.
Passa poi, al monologo televisivo su La 7 in “piazza Pulita” di Stefano Massini, scrittore che si è lanciato in una orazione appassionata contro l’ “inulità” attribuita alla terza età e soprattutto all’arte e alla cultura.
Ha preso l’avvio da un’ipotesi secondo cui gli ultimi luoghi ad essere riaperti sarebbero i luoghi di cultura, dai teatri ai cinema, dai concerti ai musei e non per i maggiori rischi di assembramenti, ma perchè preceduti da altro di più importante e urgente come se i luoghi di cultura non ne facessero parte, in una parola fossero “non utili”. A questa visione distorta va attribuita anche la sottolineatura che le vittime riguardano essenzialmente gli “ottantenni” (soprattutto se con patologie) quindi il Levante si sente collocato tra gli “inutili” la cui morte non deetermina nessun problema reale. Ma c’è di più, la considerazione del peso delle classi anziane sul Sistema sanitario nazionale e sul sistema pensionistico che potrebbe rendere auspicabile l’inconfessabile alleggerimento contro i diritti stabiliti dall’art. 3 della Costituzione e dalle leggi dello Stato sono uguali per tutti.
Parlare di anziani significa riflettere sull’importanza sociale che hanno nei rapporti personali affettivi e di massima disponibilità a collaborare in famiglia anche economicamente in casi dovuti o voluti. Chi ha nipoti, conviventi ed anche no, io ne ho cinque, vive per essi assistendoli fisicamente e intellettualmente per l’esperienza acquisita e per l’amore che lo sostiene.
Sono tempi nuovi, si vive più a lungo e sono “utili”, salvo casi eccezionali, ovviamente, vanno rispettati e mai trascurati o abbandonati perché legati da affetto e dalla Legge di Dio: quel Dio Creatore dell’Universo edell’essere umano, ama tutti ugualmente, dotati o meno che siano intellettualmente, ma uguali anche per la legge degli uomini indipendentemente dall’età.
Allora quale mente umana si può permettere solo di pensare che l’anziano è “inutile” di per sè, quando ce ne sono tanti altri ad esserlo di minore età e senza comprendere l’importanza del bagaglio di esperienza, di rispetto e di amore che hanno e offrono liberamente fino a quanto possono.
Anziani ci diventano tutti e in condizioni diverse fisiche e mentali, chi prima e chi dopo e tutti hanno il diritto di vivere senza dover sottostare a giudizio ingiusti e inconfessabili.
Per il Levante, il tema dell’ “inutilità” lanciato da Massini, riferendolo innanzitutto agli anziani “vittime sacrificali” si è visto nell’indegno “massacro nelle Case di riposo” e nella “strage di una generazione”, quella del ’40 , come se fossero reperti archeologici, che il coronavirus ha la colpa di demolire mentre la loro esistenza ha un valore, e quindi una “utilità”, mantenendo tutta la forza intellettuale, morale e spirituale della loro esistenza. Peraltro, sotto il profilo economico e sociale i “nonni” sono quanto mai “utili” nel “welfare” familiare e non solo, ma non è questo che deve contare quanto il valore della loro vita in sé e per sé.
A questo punto il Levante riferisce che Massini ha parlato dell’altissimo valore sociale di arte e cultura, riaffermato in queste settimane di isolamento forzato, che hanno potuto dare sollievo alle persone relegate in casa, rendendo sopportabile la situazione anomala; e che arte e cultura fanno parte del Dna della nostra civiltà ed ha concluso con un grido di ribellione collettivo e anche suo di scrittore: “Non mi sento inutile”, e ci associamo.
Passando poi all’intervista di Gina Lollobrigida su “Domenica In” ci risiamo, viene ritenuta doppiamente “inutile” pari a un reperto tenuto per memoria storica, vista nella luce divistica e non nel valore interpretativo per la sua attività cinematografica, ma soprattutto ignorata per quella artistica, così significativa perchè trovarla in una diva è non solo inconsueto ma unico. . .
La conduttrice della tarsmisisone, on una carrellata sul passato divistico della Gina nazionale, ha mostrato fotogrammi di film, delle sfilate di Miss Italia 1946 in cui fu seconda preceduta da Lucia Bosè e La Lollobrigida ha commentato che non partecipava per convinzione essendo is uoi interessi rivolti alla propria vocazione artistica. Ogni volta che l’intervistatrice la riportava sul divismo, e sui successi del passato, lei tornava sui suoi viaggi nel mondo, ispirati dalla sua passione fotografica, tanto che la conduttrice le ha chiesto il perché, nelle interviste parlasse sempre di fotografia e di scultura, quasi la considerasse una fissazione e non una vocazione.
Riguardo al libro autobiografico, mentre la conduttrice, riteva il confinamento in casa ideale per completare il lavoro, lei lo ha negato mancandole la necessaria serenità di spirito in questo momento drammatico; ci tiene a che il libro sia scritto come lei vede la propria vita e non come la vedono gli altri, implicitamente come se la propria scultura e fotografia d’arte fossero le cose “inutili” di cui ha parlato Massini.
Nell’intervista non c’è stato il gossip perché estraneo alla vita della Lollobrigida, che non ha avuto produttori alle spalle, come le altre dive, impedendo di dare voce alla vocazione per l’arte che lei ha cercato di reclamare invano; e nelle sue parole il Levante ha letto una perorazione accorata, accostata a quella gridata da Massini
Quindi un ricordo personale del Levante dalla mostra fotografica a Roma che risale ad oltre dieci anni fa, quando le immagini da lei riprese in tanti paesi del mondo furono esposte a Roma nella mostra “Gina Lollobrigida fotografa” al Palazzo delle Esposizioni di cui fu pubblicata un’ampia recensione, che la rese molto felice, tanto da ringraziare personalmente per l’apprezzamento.
Racconta anche, il Levante, di una telefonata della Lollobrigida dopo la partecipazione ad altra trasmissione, che si era lamentata perché non le era stata fatta nessuna domanda, dal celebre conduttore nazional popolare, sulla sua arte fotografica e scultorea, né era stata presentata alcuna sua opera, fatto inaccettabile che le aveva fatto alzare anche la voce, senza esito.
Parecchi anni dopo la cosa si è ripetuta in una trasmissione dello stesso tipo, con la differenza che questa volta la conduttrice ha citato le suee “fotografie e le sculture” ma come fosse una fissazione, ripeto, cosa sorprednente considerando che Wikipedia la definisce “attrice, scultrice e fotografa”, e cos’ altri siti, mentre la Rai continua a mutilarne l’immagine.
Infine, tanti ricordi, quasi la storia di una vita, quella non solo di attrice ma di vera artista in scultura e fotografia descritti alla Levante con professionalità. completezza e sincerità, ad iniziare dalla prima scultura del 1992 ben nota – dal titolo “Vivere insieme” – alla mostra “Vissi d’arte”, ai dieci anni nel suo atelier di scultura, dal conferimento della “Legion d’Onore” per le doti artistiche alla definizione di “Artista di valore”, dal riconoscimento dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze alle sculture in marmo, dalle sculture sulla maternità a quelle sul mondo dei bambini.
La Lollobrigida si è ispirata anche a protagonisti della politica, per lei l’arte è comunicazione, anche con interpretazione dei suoi personaggi, disegno e pittura sono parte dei suoi interessi, grandi artisti frequentati, il successo pieno di Mosca, la sua felicità di potersi esprimere nella speranza che il pubblico condivida il suo amore per le opere che fa e a cui tiene di più.
Tanti racconti di una attività incessante e appassionata nel mondo passando dalla citazione dello scrittore a Gina Lollobrigida che si unisce anche lei al grido “non sono inutile”.
Solito finale con Info e tante Foto qualificanti per bellezza e particolarità di un giornalista con toni da scrittore: Romano Maria Levante
Grazie anche per questo servizio.
Caro Franco,
da attento lettore come sei – sempre generoso nei tuoi apprezzamenti di cui ti ringrazio anche se da modesto cronista ritengo di non meritarli – hai colto il mio intento di attirare l’attenzione piuttosto distratta, quando “maiora premunt”, sulla involuzione materialistica denunciata da Massini riassumendola nella voce “inutilità”: applicata sia alla generazione più anziana pur con i suoi valori, sia all’arte e alla cultura, anche qui pur con i loro valori.
Ma sono valori ideali e sentimentali, non valori economici, gli unici che sembrano contare oggi. Il grande analista aziendale Piercarlo Ceccarelli nel suo commento impietoso ne ha spiegato i motivi, le risorse vanno verso le maggiori “utilità”, altrimenti verrebbe meno la competitività del sistema; l’appassionato osservatore Gelasio Giardetti, nel commentare il secondo articolo sulla Lollobrigida, ne dà la colpa al capitalismo. Entrambi hanno motivato le loro posizioni, anche se mi è sembrato di poter replicare con le mie diverse convinzioni, in una dialettica interessante e costruttiva.
Però così ci siamo allontanati dai soggetti in cui il tema dell’ “inutilità” si incarna in persone in carne ed ossa e non resta nell’astratto di una discussione in campo economico e politico. I soggetti sono gli anziani da un lato, Gina Lollobrigida dall’altro che incarna sia i loro valori che quelli dell’arte; e così fa esplodere le contraddizioni come ha fatto, a livello generale, Stefano Massini. nel suo coinvolgente appello televisivo dal quale sono partito.
La tua descrizione del valore della “terza età” è veramente appassionata nel rivendicarne i meriti, che sono anche i tuoi personali con cinque nipoti; io continuo a pensare, come’è peraltro nella tua citazione, che dobbiamo rivendicare il valore della vita in sé e per sé, senza doverla giustificare con una “utilità” che non va dimostrata ma è un assioma legato all’esistenza. “Sum ergo cogito” è il sigillo del “Manifesto per l’arte” – che ho ampiamente commentato in uno dei tre nuovi articoli tra loro collegati dello scorso week end 15-17 maggio – con la valorizzazione dell’”essere” anche rispetto al pensiero, rovesciando l’assunto cartesiano. E l’“essere”, che non è prerogativa di determinate classi di età, negli anziani assume una evidente pienezza.
Poi ho trovato particolarmente appropriata la tua sottolineatura della Lollobrigida artista e non più attrice, ne hai colto il valore riportando i diversi momenti della sottovalutazione alla quale ha cercato di reagire senza risultato. Perché questa cecità anche dinanzi a sculture alte cinque metri – che per la loro dimensione oltre che per la loro bellezza non possono passare inosservate – è la migliore prova che Massini, con la sua acuta osservazione tradotta nell’appello finale, ha visto giusto. Al di là delle parole di circostanza per addolcire la pillola, sono i fatti ad imporsi con la forza della realtà: in questo caso l’artista che si è affermata nella scultura e nella fotografia – disdegnando il ruolo divistico – con un impegno senza risparmio del proprio talento sostenuto dalla propria determinazione per più di mezzo secolo, lo vede rifiutato, per essere proiettata all’indietro in un mondo che è stato prestigioso ma ha voluto dimenticare: quale dimostrazione migliore dell’ “inutilità” attribuita all’arte, e alla “terza età” che coincidono nella stessa persona?
Per questo ti ringrazio, caro Franco, mi hai aiutato a far emergere con forza ancora maggiore di quella che ho potuto imprimere nel mio articolo, un fatto che va denunciato perché non degeneri irrimediabilmente. Per l’arte non basta Sgarbi a sostenerne le ragioni come fa con la sua passione, per la “terza età”, poi, non consola l’ “Epitaffio” di Antonio Scurati, un peana elegiaco e commosso a “quelli del ’40 falciati dal virus”.
Rinnovo un grazie a Stefano Massini che ha lanciato la sfida “io sono utile”, e insieme ringrazio Franco Ascani che si unisce allo scrittore-predicatore e al semplice cronista, e come me vede in Gina Lollobrigida l’incarnazione al massimo livello di nobili valori colpevolmente ignorati, e nella sostanza negati.
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